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Gli
animali e le piante
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In questa rubrica spesso si è parlato delle proprietà terapeutiche delle piante, e della saggia abitudine di utilizzare decotti od infusi di specifiche erbe per disintossicare lorganismo e curare fastidiosi malanni, ma pochi sono al corrente che questa pratica è in uso anche nel regno animale. Gli animali, infatti, hanno la capacità di distinguere istintivamente lessenza capace di curarli e disintossicarli, riconoscendo tra migliaia di specie proprio l'erba o la bacca adatta a guarire le ferite e le loro malattie, dato che la pianta che reca beneficio al gatto non sempre è parimenti buona per il cane, il leone o il passero. Il primo naturalista a notare la stretta relazione tra animali e piante fu Plinio il Vecchio (23 d.C.-79 d.C.), che ha lasciato ai posteri la più ampia raccolta di conoscenze scientifiche dell'antichità, la Naturalis Historia, in 37 libri, descrivendo con dovizia di particolari le singolari capacità degli animali di cercare e trovare le essenze a loro più vantaggiose. Diversi uccelli, per esempio, come cicogne e colombi, se feriti da spine aguzze, o in alcuni casi se colpiti non a morte da qualche cacciatore, hanno la tendenza di cibarsi dorigano, determinando in tal modo il rapido rimarginarsi delle ferite. Questeccezionale fenomeno sembra si debba attribuire proprio alla pianta dorigano, provvisto di un olio essenziale con elevato potere antisettico e antalgico, capace di impedire le infezioni e calmare gli spasmi dolorosi. La composizione chimica delle sostanze presenti, inoltre, favorisce la formazione di tessuti cicatriziali che isolano i corpi estranei, spine e talora anche pallini da caccia, inducendone la fuoriuscita. Altri volatili utilizzano istintivamente alcune piante a scopo preventivo: il merlo e il corvo dopo aver ucciso una lucertola o un camaleonte, il cui sangue contiene sostanze velenose, tendono a cercare un esemplare dalloro (Laurus nobilis), le cui foglie ingerite hanno potere antisettico, disinfettando lorganismo e favorendo altresì la digestione. Particolarmente interessante è anche il comportamento della rondine, capace di curare gli occhi arrossati e gonfi dei suoi piccoli con il lattice che fuoriesce dagli steli della celidonia, pianta che nel Medioevo era ritenuta ad azione oftalmica, e il cui nome, Chelidonium, deriva dal greco chelidon che significa appunto rondine, ad indicare la relazione tra la sua fioritura e larrivo di questi stupendi uccelli migratori. La donnola, invece, prima di mettersi a caccia di topi selvatici, ha la consuetudine di masticare qualche foglia di ruta, atta a rendere il suo sangue sgradito ai serpenti, suoi cacciatori. I serpenti, infatti, sono fortemente respinti dallodore sgradevole e disgustoso della Ruta graveolens, alla quale evitano accuratamente di avvicinarsi. Luomo sovente con larrivo della primavera usa disintossicarsi con decotti di radici di scorzonera, o di foglie di radicchio amaro, così lorso, appena sveglio dal lungo letargo invernale, tende a vagare per i boschi alla ricerca di piante dArum, di cui gradisce in particolare la radice, dal sapore aspro e amaro. Il suo effetto è medicamentoso e disintossicante perché stimola lassunzione di grandi quantità dacqua, eliminando le tossine accumulate durante il sonno stagionale, e reintegrando i processi di ricambio con la ripresa delle funzioni renali e intestinali. Vi sono poi dei legami tra animali e piante inspiegabili dal punto di vista scientifico, e che hanno invece quasi un fondamento magico: il colombo selvatico, per esempio, se ammalato, vola alla ricerca di una foglia dalloro, pianta sacra a Mercurio il dio della medicina, e la colloca nel proprio nido, senza privarsene fino a quando il suo malanno è passato; mentre l'upupa prima di disintossicarsi con abbondanti sorsi dacqua dalle indigestioni duva, di cui luccello è ghiotto, tende a gettare nel ruscello un acino d'uva quasi a scopo scaramantico. Da quanto descritto nasce spontanea una convinzione: luomo ha ancora molto da imparare e da conoscere del mondo naturale a lui amico. |
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