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Le piante di Natale
di Loredana Bertolami

 

Il Natale è per molti un momento di grande eccitazione, si consultano riviste che riportano le immancabili "idee da copiare", all'ultima moda, sfere o gocce di cristallo, ghirlande confezionate con fiori secchi e nastri dai colori sgargianti, centri tavola profumati. Le ispirazioni non mancano, ma pochi si sono resi conto di quanta importanza abbiano nella maggior parte di queste composizioni natalizie i materiali naturali, i prodotti che le amiche piante ci regalano in ogni stagione, i loro rami, le foglie, i frutti e i fiori.

I rami flessibili, per esempio, dell'albero della neve (Chionanthus virginicus), o i teneri tralci di vite formano l'anima di molte ghirlande, ma certamente più ricercati sono i cesti augurali, che si acquistano o si regalano, sfolgoranti del rosso delle Euforbie (più note come Stelle di Natale), costellati dalle bacche del vischio e dell'agrifoglio, o del pungitopo.

Tutte queste piante così familiari si crede, infatti, siano portatrici in questo periodo di benefici influssi, perché intorno ad esse sono nate storie, leggende e credenze. Così, senza accorgercene, ci portiamo appresso un bagaglio di storie antiche e nuove creatosi nei secoli che raccontiamo e tramandiamo ai nostri figli e nipoti. E anche se ci riteniamo al passo con i tempi moderni, non facciamo altro che credere a quel mondo arcano e misterioso che avevano i nostri progenitori, che non avevano il cellulare o la televisione, l'automobile o il computer, ma conoscevano profondamente gli elementi naturali e creavano dal mondo vegetale, con cui avevano a che fare tutti i giorni, racconti e superstizioni.

Un'antica usanza, infatti, è quella del baciarsi sotto il vischio, se in compagnia, mentre in Inghilterra per evitare di rimanere zitelle si suole bruciare il 6 gennaio il mazzo che, appeso alla porta di casa, ha scongiurato i malefici. L'uso del vischio quale amuleto si deve ai Celti che credevano la pianta sacra per il suo crescere senza radici intorno ai rami degli alberi. Gli antichi popoli credevano che il vischio, donato dagli dei, crescesse in particolare nei boschi di rovere colpiti dalla folgore divina. Col tempo, il significato pagano del vischio è stato addolcito dalla cristianità, che lo ha trasposto quale simbolo del Cristo. La pianta legata al solstizio invernale è stata messa in relazione a Gesù portatore con la sua nascita della luce nel mondo.

Storie antiche e storie moderne, dicevamo come quella della Stella di Natale (Euphorbia pulcherrima) che colora di rosso le strade della nostra città. Ebbene l'usanza di regalarle è relativamente recente. L'essenza, scoperta dagli Spagnoli che arrivarono con Cortez nel 1520 in America, si diffuse nel mondo grazie all'ambasciatore degli Stati Uniti Robert Poinsett che, dopo un viaggio in Messico, la portò nel 1825 nella sua casa in Carolina per coltivarla nel suo giardino. In suo onore la stella di Natale, del genere dell' Euphorbia, fu anche chiamata "Poinsettia pulcherrima". Viene quindi dall'America l'uso di regalarla per Natale insieme al vischio

Gli antichi Romani, invece, consideravano talismani le piante di agrifoglio (Ilex aquifolium), probabilmente per l'aspetto coriaceo ed accartocciato delle foglie, le cui spine davano l'idea di difesa, mentre le rosse bacche che permangono sulla pianta per tutto l'inverno erano simbolo di un anno felice. Per questo si suole spesso piantarle nelle vicinanze della casa per tenere lontani gli spiriti maligni. Medesima funzione di buon auspicio ha anche il sempreverde pungitopo (Ruscus aculeatus), provvisto di false foglie spinose, chiamate cladodi, che mostrano al centro i fiori.

I nostri gesti e la nostra "modernità" hanno in realtà radici nascoste fortissime, per questo nel periodo natalizio tornano usanze millenarie per propiziare l'avvenire, se siano veramente apportatori di benefici non si potrà mai provarlo, ma l'importante è credici il resto verrà da solo.

 

 

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