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Il finocchio
di Loredana Bertolami

 

Racconta una novella popolare, che Gesù mandò l’apostolo Pietro a comprare del vino. L’astuta venditrice, però, per mascherare quella punta d’aceto, glielo fece assaggiare accompagnato da una fetta di pane e finocchio. Pietro ingenuamente non si avvide del sapore e comprò il vino, quindi lo offrì orgogliosamente al suo Maestro, che accortosi dell’inganno gli disse "Pietro quando il vino vai a comprare, stai attento a non farti infinocchiare". Dalla novella è nato il verbo "infinocchiare", per indicare chi si lascia confondere facilmente.

Il finocchio (Foeniculum vulgare), infatti, anche in cucina ha un sapore particolare che riesce a mascherare, o spegnere qualunque odore o sapore non gradito, tanto che spesso anticamente era utilizzato per nascondere il puzzo di carni o pesci stantii.

Non tutti sanno che quest’ortaggio un tempo si serviva a fine pasto per aiutare la digestione e rinfrescare l’alito, quando si portava in tavola era indice della fine del banchetto, e se mancava il pranzo sembrava non essere perfetto.

Della pianta sono ricercati i semi, fortemente aromatici, racchiusi in un frutto allungato, e le foglie fresche o secche che danno sapore anche alle insalate più insipide. La varietà del Foeniculum vulgare meglio conosciuta è quella dulce, il finocchio dolce, o d’Italia, o di Chioggia, di Bologna e di Napoli le cui foglie fresche in insalata facilitano la digestione di alimenti di per sé indigesti, come cavoli, fave e fagioli.

Il finocchio è una pianta annuale erbacea con una radice carnosa e un fusto frondoso rotondo con frange azzurre. E’ facile il suo riconoscimento anche quando è selvatico, per le foglie filiformi divise in lunghi ciuffi e per le ombrelle di fiori piccoli e gialli, in piena fioritura a giugno.

E’ un’essenza ricercata per i suoi poteri medicinali, diuretico, eupeptico, tonico generale, vermifugo, lassativo, espettorante, esercita una valida azione nel trattamento dei reumatismi.

Contiene sali minerali, acido anisico, anetolo, vitamina A, B e C, oltre a zuccheri e proteine.

Particolarmente terapeutiche sono le sue tisane di semi: un cucchiaino di semi, per ogni tazza, bollito per due minuti e lasciato in infusione per altri 10 minuti, permette, se bevuto due o tre volte al dì, di fortificare stomaco ed intestino, ed elimina i gas, ma giova anche in inverno nei casi di bronchite. Calma la tosse, invece, lo sciroppo che è preparato trinciando l’erba fresca, dalla quale si spreme il succo da bollire con miele per trenta minuti.

Ippocrate e Dioscoride lo raccomandavano per aumentare il flusso del latte delle puerpere, proprietà verificata anche dalla fitoterapia attuale che lo raccomanda come galattoforo.

Secondo Plinio il finocchio agevolava i serpenti durante il rinnovamento della pelle, e dato che dopo il suo ritiro invernale gli si era offuscata la vista, esso si strofinava con una pianta di finocchio, applicandola sugli occhi. Da questa credenza è nata l’usanza, che ha reali fondamenti di doti benefiche, di applicare impacchi dell’ortaggio agli occhi in caso di infiammazione o congiuntivite: diceva Santa Ildegarda, della Scuola Salernitana e numerosi scrittori del Cinquecento, il finocchio "Lumina clara facit", limpidi rende gli occhi.

Le leggende che lo definiscono ortaggio preferito dai serpenti gli hanno dato anche la nomea di pianta preferita dal Demonio, nei riti satanici se ne usava un rametto per le aspersioni. Non mancano però le usanze propiziatrici: il finocchio nel Medioevo era sparso, insieme alle erbe di San Giovanni, intorno ai letti per allontanare il male, mentre rametti erano posti al disotto dei cuscini per propiziare sogni profetici.

Dispiace molto che il nome di quest’ortaggio evochi ben altri pensieri nell’immaginario collettivo, tutte le sue pregevoli doti gastronomiche e medicinali dovrebbero, invece fortemente rivalutarne la fama.

 

 

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