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Il basilico
di Loredana Bertolami

 

E’ una pianta che sui balconi estivi spesso la fa da sovrano, non per niente il suo nome volgare, derivato dal greco "basilikos", significa "erba regia" e sembra sia stato suggerito dai suoi eccezionali poteri paragonabili a quelli di un "basileus", di un "re".

Anche il suo nome botanico è altrettanto appropriato, "Ocimum" basilicum, significa "profumo". Sarà chiaro che sto parlando del basilico, questa tenera erba che profuma le pietanze estive. E’ pianta facile da coltivare, le cui foglie ed estremità fiorite se raccolte e seccate possono essere usate in inverno: secche tuttavia hanno un aroma diverso da quello del basilico fresco, ma sempre intenso e gradevole. Un piccolo consiglio, nella preparazione d’insalate invernali per ridare il sapore all’erba essiccata basta bagnarla con un po’ d’aceto, e farla riposare prima di usarla.

Si diceva, pianta che non ha molte esigenze nella sua coltivazione, cresce in terreni leggeri, ben drenati e in posizione soleggiata, richiedendo moderate annaffiature.

Per favorire la crescita delle foglie, e quindi per acquistare il suo pieno splendore, è però opportuno asportare le infiorescenze appena si formano, altrimenti la conseguente formazione della semenza, decreterebbe l’appassimento dell’esemplare.

Di quest’essenza esistono numerose varietà che si differenziano solamente per il tipo di foglia e il suo colore: il basilico a foglie grandi (Ocimum basilicum), il basilico grande violetto (Ocimum basilicum foliis purpureis), il basilico piccolo verde (Ocimum minimum, che è la varietà nana), tutte ottime in ogni caso.

Come molte altre erbe ha numerose proprietà e poteri curativi. Ha la fama, infatti, di essere un idoneo sedativo dei nervi, e favorisce la digestione. Capace di curare molteplici affezioni come spasmi di stomaco, vertigini, emicranie e insonnie di origine nervosa o da indigestione. Qualcuno gli attribuisce anche il potere di superare gli attacchi di angoscia, o di epilessia.

Diodoro nei suoi Empirica, invece ne raccomanda l’uso "come rimedio contro le punture degli scorpioni di terra e il veleno di quelli di mare, se l’erba è preparata con vino e qualche goccia di aceto".

I suoi poteri sono stati nel corso dei secoli ampliati anche grazie al simbolismo ad esso attribuiti, quali quello dell’amore. In Sicilia era, infatti, l’emblema dell’amore ricambiato, tanto che se una ragazza voleva far sapere di essere innamorata metteva sul davanzale un vaso di basilico, mentre in Toscana se una donna lo toglieva voleva far sapere al proprio uomo che era nella trepida attesa di un incontro amoroso con lui, per questo il basilico era soprannominato "amorino". Ma l’erba è stata considerata anche simbolo dell’amicizia sincera, tanto che se un suo rametto era poggiato su una persona dormiente, permetteva di comprenderne la sincerità o l’ipocrisia, dato che le foglie sarebbero appassite velocemente se la malevolenza era insita nel suo cuore.

Il basilico è originario dell’India, e proprio in questo paese la pianta, chiamata "tulasì", è sacra perché identificata con la dea della bellezza Lakshmì, sposa di Vishnu. Per gli indiani, l’erba è propiziatrice della fecondità, ma anche apre le porte del cielo ai morenti affinché possano essere ricevuti nel palazzo di Vishnu.

Pianta magica dunque, capace di tenere lontani gli spiriti maligni dalle abitazioni, purificatrice della mente e del corpo lavato in acque in cui siano sparse le sue foglie, capace di scacciare malefici influssi se sparso sul pavimento e abile nel preservare le cucine e le sale da pranzo dagli avvelenamenti o dai disturbi causati da alimenti avariati o su cui siano state scagliate mostruose fatture.

A queste credenze preferisco i giudizi sulle sue reali virtù che, sapientemente Aldo Fabrizi descrisse in un sonetto in romanesco, affermando che possedere una piantina di basilico è come avere sul terrazzino una farmacia aperta giorno e notte in un vasetto.

 

 

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