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Gli effetti del vento sulle piante
di Loredana Bertolami

 

Il vento, generato da differenze di pressione che si stabiliscono fra punti distanti dell'atmosfera, è un fattore ecologico di grande rilievo perché influenza il regime termico delle terre delle regioni pianeggianti, montane e costiere. L'influenza in particolare è pronunciata se la massa d'aria in movimento è umida, poiché condiziona concretamente la piovosità delle diverse località.

Gli effetti del vento sulle piante dipendono in grande parte dalla sua velocità e dalla sua costanza. Brezze moderate hanno un effetto positivo, rinnovando per rimozione gli strati d'aria umida all'interno dell'apparato fogliare della pianta, attivando la traspirazione che altrimenti verrebbe inibita per accumulo di vapore sulle superfici. Inoltre, favorisce il ricambio dell'anidride carbonica nei tessuti interni fogliari, permettendo il regolare svolgimento della fotosintesi clorofilliana. I lati positivi non finiscono qui: agevola l'impollinazione e la disseminazione anemofila , anche se quest'ultima risulta negativa se riguarda le specie infestanti.

La sua azione si tramuta in danno se ha una elevata velocità, poiché determina stroncamento e sradicamento degli alberi e degli arbusti del giardino, oltre a provocare il fenomeno dell'allentamento delle radici delle erbacee, che talora mantengono un portamento coricato degli steli anche dopo che il vento ha cessato di spirare. Influisce sul fenomeno il terreno che se umido offre meno resistenza e quindi facilita gli sradicamenti.

L'eccessiva traspirazione causata da venti caldi, però, può produrre disseccamenti, maggiormente evidenti sulle specie sempreverdi durante l'inverno, quando cioè la pianta assorbe una scarsa quantità di acqua dal terreno; mentre d'estate i danni maggiori sono dovuti ai venti caldi e secchi che devitalizzano le giovani foglie e i germogli.

I venti costanti, che soffiano sempre nella medesima direzione, e in particolare quelli che spirano lungo le coste ed in alta montagna, originano delle malformazioni rilevabili facilmente soprattutto sugli alberi. Le essenze cresciute sotto l'influenza di venti secchi, infatti, non raggiungono mai un grado di idratazione, e quindi di turgidità tale da far sviluppare le cellule dei tessuti vegetali fino alle dimensioni normali. Conseguenza è una riduzione e della statura degli esemplari, e delle dimensioni degli organi della pianta, che presenta rami spesso brevi ed intricati. La chioma degli alberi, invece, assume una tipica forma detta "a bandiera", che indica la direzione più frequente di movimento del vento; mentre il tronco spesso prende una conformazione ellissoidale con diametro maggiore nella direzione in cui spira la massa d'aria.

Gli alberi soggetti ad un vento forte possono andare incontro anche ad altri gravi danni, come rottura di radici o distacco alla base del fusto degli anelli legnosi formatisi in primavera. Quest'ultimo fenomeno è tipico di querce, castagni, olmi e frassini ed è noto come cipollatura del legno, e va a discapito della resistenza del tronco che risulta più debole e della stabilità della pianta.

Il vento è un ottimo vettore per il trasporto di particelle, ghiaccio o sabbia, che convogliati in sospensione operano smerigliamento o abrasione di foglie, di tronchi o di gemme che sono lesionati gravemente dalla loro azione. Il pericolo aumenta se il materiale trasportato è rappresentato da particelle di sali, quali il cloruro di sodio marino, poiché si provocano bruciature che mettono in pericolo la vita della pianta, solo particolari essenze sopportano i venti marini. Le specie alofile, infatti, accumulano grandi quantità di sale nei loro organi senza compromettere l'assunzione di acqua dal terreno, nonostante l'elevata pressione osmotica che si crea nelle cellule.

E' bene quindi scegliere con oculatezza le essenze che meglio sopportano l'azione del vento, creando dei frangivento che possano proteggere le specie più delicate.

 

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